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La simbologia del Presepe

Testo di Achille Maria Giachino

Tutto un mondo di significati simbolici e rituali, a volte strani e un po’ misteriosi, provenienti in parte dal racconto dei Vangeli sinottici e dagli Apocrifi ed in parte da origini pre-cristiane e pagane che si perdono nella notte dei tempi, si nasconde nei personaggi e nei luoghi che animano il presepe. Riscoprire quei significati vuol dire riportare alla luce l’essenza più profonda dell’esistenza umana con tutte le sue contraddizioni e ambivalenze.

Il termine presepe deriva dal latino “prae” davanti e “saepes” recinto, ed indica propriamente ogni recinto chiuso, e quindi sia la mangiatoia che la stalla.

Secondo la tradizione il presepe prende origine dal desiderio di S. Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Gesù. A Greccio, in Umbria, nel 1223, per la prima volta la Messa di Natale, celebrata in una grotta, fu arricchita dalla presenza di personaggi viventi. In seguito la sacra rappresentazione, sotto forma di statue realizzate con i più diversi materiali e di varie dimensioni, fece il suo ingresso dapprima nelle chiese, poi nelle case dei nobili ed infine nelle abitazioni del popolo.

Sono innumerevoli i simboli nascosti nel presepe che rappresentano il cammino terreno dell’uomo dal sonno al risveglio, dall’ignoranza alla conoscenza, dalla morte alla rinascita, dalle tenebre alla luce. Tutta la simbologia in esso presente può essere analizzata in base ad approcci diversi: il mito (relitto culturale di riti ancestrali di cui si è persa ogni traccia), la tradizione (presenza di temi, motivi, credenze dell’immaginario popolare), il simbolo (presenza di significati e valori sotto forma di allegoria).

Un’analisi approfondita esulerebbe dallo spirito di questo articolo, per cui ci limiteremo ad esaminare i punti più salienti della “simbologia del presepe”.

25 dicembre

Nel calendario giuliano il 25 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, era considerato come la nascita del sole. Identificato con vari nomi da tutte le culture del mondo antico (Horus, Osiris, Apollo, Mitra, etc.), il “sol invictus”, il sole invincibile, lotta contro le tenebre uscendone vittorioso. I Vangeli non dicono nulla in merito al giorno della nascita di Cristo ed anche la Chiesa primitiva non la celebrava; infatti fino all’inizio del IV° secolo la nascita del Salvatore era festeggiata il 6 gennaio (data ancora oggi utilizzata dai cattolici ortodossi di rito  orientale che non riconoscono il calendario gregoriano ) I Padri della Chiesa, avendo constatato che anche i cristiani partecipavano ai festeggiamenti per la nascita del sole il 25 dicembre, decisero che quello doveva essere il giorno per solennizzare la Natività. Pur non entrando in contrasto con le decisioni prese, S. Agostino allude però all’origine pagana del Natale, quando in un suo sermone esorta i fratelli cristiani a non celebrare, in quel giorno solenne, il sole, ma Colui che il sole aveva creato.

Grotta

Nessuno dei Vangeli canonici parla espressamente di una grotta o di una stalla ove Maria avrebbe dato alla luce il Messia. Nell’unica citazione di Luca 2,7 (in una mangiatoia perché non c’era posto per essi nell’albergo) non c’è neppure traccia del bue (raffigurante il popolo ebreo) e che avrebbe indicato con i suoi muggiti l’esistenza della stalla e dell’asino (raffigurante i pagani) che accompagnò Giuseppe e Maria durante il loro viaggio. Bue-sole, Asino-luna; ancora una volta due principi opposti: giorno-notte. I due animali  sono presenti solamente nel vangelo apocrifo dello pseudo Matteo che colloca la nascita in una stalla. Tale tradizione sarà poi soppiantata nel IV° secolo, con l’accettare come luogo di nascita la grotta. Essa è posta al centro della scena, nella parte più bassa, a volte con altre laterali di proporzioni più ridotte nelle quali trovano posto i pastori con le greggi, i fuochi, gli animali da cortile. Sentieri impervi conducono dalle montagne alla grotta, simbolo materno per eccellenza e luogo della nascita miracolosa. E’ un viaggio dall’alto verso il basso, verso le viscere della terra, il sotterraneo, per poter assistere, dopo aver vinto le angosce della discesa al buio, al trionfo della luce sulle tenebre, alla rinascita della natura sull’inverno. La grotta si configura come un confine tra luce e tenebre, ma anche come luogo di ingresso agli inferi ed al mistero della morte.

Stella

Il primo che diede un’interpretazione scientifica alla stella riportata da Matteo (che parla di una stella comune e non di una cometa) fu Origene, teologo alessandrino del III° sec. d. C. Presumibilmente la leggenda della “cometa di Natale” nacque alcuni anni dopo, nell’ottobre del 12 d. C., quando effettivamente la cometa di Halley transitò nei cieli della Palestina. La nascita di Gesù si presentò come scompiglio dell’ordine immutabile ed eterno, e tale disordine è ben rappresentato nel presepe: un re che nasce povero, una stalla che splende di luce, gli innocenti che vengono uccisi. La stella diviene allora il simbolo di un incontro tra opposti, di conciliazione tra ordine e disordine.

Fiume

Il fiume è il segno del tempo che passa, il simbolo del ciclo vitale della nascita e della morte, dell’esistenza che scorre. Rappresenta la linea di confine tra il mondo dei vivi e quello dei trapassati, ma è anche il luogo nel quale chi vi si immerge ne esce purificato e rigenerato; è il fonte battesimale e ricorda il Giordano nel quale fu battezzato Gesù.

Pozzo

Rappresenta il collegamento tra la superficie e le acque sotterranee, di conseguenza ancora un legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti. In esso si tufferà la cometa dopo aver soddisfatto il compito di accompagnatrice dei Magi.

Fontana

Le scene in cui si colloca la fontana sono rappresentazioni magiche, relative alle acque che provengono dal sottosuolo e la donna alla fontana è attinente alla figura della Madonna che, secondo alcune tradizioni, avrebbe ricevuto l’annuncio della maternità mentre attingeva acqua alla fonte. Il vangelo dello pseudo-Tommaso riporta: “Il giorno dopo, mentre Maria stava presso la fonte a riempire la brocca, le apparve un angelo del Signore e le disse –Beata tu sei o Maria, perché nel tuo ventre hai preparato un’abitazione al Signore”.

Ponte

Elemento ricorrente è il ponte, simbolo di passaggio da un modo di essere ad un altro,  e limite che collega il mondo dei vivi a quello dei defunti. La fede, la conoscenza, la morte stessa, equivalgono ad un transito  da una condizione ad un’altra.

Palma

Immagine dell’”Albero della Vita”, pianta misteriosa che Dio aveva creato nel giardino dell’Eden, accanto all’albero della conoscenza del bene e del male. Era considerata l’albero della pace, dell’abbondanza e della vittoria, tipica dell’area culturale medio-orientale. Tale simbolismo sarà poi ripreso con l’ingresso di Gesù in Gerusalemme su un tappeto di foglie di palma.

Mulino

Raffigurazione del tempo che scorre con il girare delle pale e simbolo del nuovo anno raffigurato come una ruota che riprende a girare, ma anche significante metafora della morte. La macina schiaccia il grano per produrre farina bianca (il bianco era un antico simbolo di morte, ma anche di purezza e di verginità)), ma la stessa farina può assumere una valenza positiva, per il fatto di diventare pane, alimento indispensabile al nutrimento.

Forno

Il pane che viene sfornato è un chiaro riferimento a Cristo, definito il pane della vita, ma è anche il pane materiale che è stato cotto tra le fiamme, simbolo del fuoco dell’inferno, che sostituisce quello spirituale e sazia il corpo senza nutrire l’anima.

Osteria

Luogo ricco di complessi significati che riconduce in primo luogo alla pericolosità del viaggio e della notte. Essa si riferisce all’episodio di Maria e Giuseppe che, durante il loro cammino, non trovano alloggio, ma si associa anche il significato rituale del mangiare, riferimento alla vita materiale contrapposta a quella spirituale e, non a caso, l’osteria è posta accanto alla grotta, a simboleggiare  l’eterna lotta tra il bene e il male. E’ l’incarnazione stessa del peccato e del diavolo che si presenta agli uomini sotto false spoglie: il suo fine è quello di attirarli verso il male senza che questi ne abbiano coscienza e di manifestarsi solamente a fatto avvenuto. Il diavolo-oste attira gli avventori nell’osteria e lì, tra l’ebbrezza del vino e del cibo, impedisce agli uomini di accorgersi che poco lontano sta venendo alla luce il Figlio di Dio. E’ anche riferimento alla gioia delle nozze di Cana, ma pure presagio del tradimento di Gesù.

In ogni epoca, tutte le culture si sono adoperate per migliorare la rappresentazione della nascita di Cristo, a volte esulando dalla tradizione e compiacendosi di tale trasgressione. Oggi si può vedere la scena della Natività ambientata nei luoghi più vari: nei locali disadorni di una casa, in un rudere, in un fienile, sui gradini di un palazzo, nello spazio. I paesaggi molte volte non rispondono più all’originaria domanda di spiritualità, ma diventano solamente virtuosismi costruttivi, giochi,  lavori atti a suscitare lo stupore che nulla hanno a che vedere  con le simbologie originarie.

Il processo interpretativo della Natività non deve quindi essere affidato a trasposizioni visive puramente spettacolari, e questo per non perdere di vista il valore puramente escatologico della rappresentazione.

Achille Maria Giachino